Combattere la discriminazione nelle scuole
Al giorno d’oggi in Occidente tutti i bambini hanno accesso all’educazione, possono andare a scuola e ricevere un’istruzione adeguata, che consenta loro di ambire ad un futuro prospero e pieno di opportunità.
Oltre a questo, hanno anche la possibilità di accedere ad un gran quantitativo di informazioni che non più tardi di pochi decenni fa erano precluse ai loro genitori e ai loro nonni. Grazie ai mezzi di comunicazione di massa i bambini e i ragazzi possono conoscere realtà molto diverse e lontane dalla loro: questo è ciò che si definisce globalizzazione, oltre all’omologarsi di usi e costumi.
La naturale conseguenza dell’elevarsi del grado di istruzione medio della popolazione dovrebbe essere una maggiore facilità nell’accettare il diverso, chi si differenzia da noi per razza, religione, o anche orientamento sessuale. Purtroppo, invece, sono sempre più frequenti le notizie che dimostrano come invece la tendenza stia andando esattamente nel senso opposto.
Questo genera grande preoccupazione negli educatori e nei genitori, che non solo vedono i propri ragazzi esposti ad un mondo in cui la violenza e il razzismo crescono, anziché diminuire; vedono anche un futuro che si delinea sempre più cupo, visto che indietro non si torna. Le frontiere sono aperte e innalzare muri non servirà a nulla: il diverso, l’estraneo sono ormai in casa nostra e barricarsi dietro una recrudescenza di nazionalismo esasperato non può aiutare.
Questo aspetto riguarda soprattutto gli adulti e problematiche politiche internazionali: a livello locale la questione va affrontata in ambito scolastico per combattere le discriminazioni che spesso si verificano anche tra i banchi di scuola. La società può essere cambiata solo se i nostri figli vengono educati all’inclusione, al rispetto dell’altro: e chi ha il compito istituzionale di diffondere una cultura dell’amore, e non dell’odio, è la scuola. Le discriminazioni a scuola sono molto diffuse e spesso, purtroppo, l’ambiente scolastico stesso non fa altro che accentuare le differenze, anziché appianarle.
Le classi sono formate da ragazzini di verse etnie e di diversa estrazione sociale: si ha un bel dire che siamo ormai nel XXI secolo e che certi pregiudizi dovrebbero essere superati. Un bambino, in modo istintivo, tende ad accogliere tutti quelli che hanno la sua stessa età, senza badare al colore della loro pelle: ma la società in cui vive, che tende a mettere in risalto le differenze, può spingerlo ad adottare comportamenti diversi che possono sfociare anche nel bullismo.
C’è infatti un tipo di discriminazione che è puramente sociale: il soggetto che, per un qualunque motivo, viene avvertito come diverso viene emarginato, viene escluso dai momenti di condivisione, e l’isolamento nel quale viene confinato può suscitare in lui reazioni molto diverse. Ci sono così bambini che si ammalano psicologicamente, che cadono in depressione e possono anche arrivare a tentare il suicidio. Altri invece che diventano aggressivi e violenti, ritorcendo sugli altri in modo fisico la violenza psicologica che subiscono. L’altro modo che la discriminazione ha di manifestarsi è il bullismo, ovvero un vero e proprio maltrattamento a cui viene sottoposto il soggetto emarginato. Questi viene angariato in molti modi diversi, dalle prese in giro pubbliche, alle umiliazioni, fino a pestaggi veri e propri.
Da queste poche indicazioni, di cui però purtroppo possiamo leggere spesso gli esiti sulle pagine di cronaca, si capisce come il fenomeno della discriminazione sia molto grave e che debba essere combattuto con determinazione. La discriminazione, infatti, nasce dalla non comprensione e non accettazione del diverso.
L’unico modo per evitare che essa si manifesti consiste dunque nell’insegnare la diversità, nel far capire ai ragazzi che non vi è nulla da temere in essa. In questo quadro rientrano le campagne informative volte a sdoganare alcuni preconcetti e soprattutto a superare alcuni dei luoghi comuni più diffusi. In questa ottica, se ci si chiede l’educazione di genere cos’è, la risposta che si può dare è che è uno dei tanti strumenti che un educatore possiede per aiutare i suoi alunni ad accettare e includere anche coloro che la società indica come i diversi per eccellenza, ovvero quelli che hanno un orientamento sessuale diverso dal loro sesso biologico.
Ogni ragazzo deve sentirsi libero di esprimere la propria sessualità senza sentirsi additato o, peggio, senza sentirsi in pericolo. Soprattutto, ogni ragazzo deve sapere che l’orientamento sessuale altrui non gli nuoce in alcuna maniera, e che è particolarmente sciocco prendere in giro qualcuno, o isolarlo, solo perché non corrisponde al binomio classico maschile/femminile così come solitamente viene concepito. Purtroppo però l’educazione ricevuta nelle famiglie, la cattiva o scarsa informazione, e la mancanza di un’adeguata educazione civica, spesso generano mostri. I ragazzi crescono nella diffidenza e nell’assenza di rispetto per le diversità, ma a questo si può porre un rimedio: è questo il compito a cui sono chiamati maestri, professori, formatori, educatori, che devono insegnare non tanto e non solo nozioni e date, ma soprattutto il senso del vivere civile e i valori su cui si basa la nostra società.
Come possiamo combattere il razzismo nelle scuole?
Dato per assodato il compito primario e non discutibile che l’educazione scolastica riveste nella formazione di un individuo, ci si potrebbe chiedere come possa un educatore svolgere il compito di trasmettere dei valori morali alle proprie scolaresche.
Il compito si presenta arduo soprattutto perché gli input esterni che lavorano in senso contrario sono purtroppo numerosi; ma non è impossibile, se si parte dal presupposto che i ragazzi sono spugne, e che le loro menti sono pronte a recepire nuove argomentazioni.
Abbiamo parlato della discriminazione sessuale, che è molto antica e allo stesso tempo nella nostra società contemporanea a si sta mostrando con un volto nuovo e inedito, perché tira in ballo anche la richiesta di diritti civili da parte di coppie dello stesso sesso. Ci sono però anche tanti altri tipi di discriminazione: una a cui non si pensa spesso perché potrebbe sembrare debellata è la discriminazione sociale, che riguarda soprattutto le differenze di classe e censo.
Anche se siamo portati in modo utopico a credere che nel mondo moderno ormai non si faccia più differenza tra ricchi e poveri, purtroppo non è così e anzi il divario tra queste due categorie cresce ogni giorno di più. La via per superare questo tipo di discriminazione è far comprendere ai ragazzi che il valore di una persona non si misura del suo potere economico, ma dalle qualità umane che possiede.
Ancora più delicato il discorso si fa rispetto alla discriminazione razziale, vera piaga della contemporaneità che porta anche con sè molti mostri del passato. Trovare soluzioni al razzismo è un imperativo che la società dci pone quotidianamente per i motivi esposti all’inizio: il nostro Paese, così come gli alti Paesi occidentali, ospita persone di ogni etnia e di ogni nazionalità.
Ognuna di loro possiede usi e costumi diversi dai nostri, e molto spesso gli stranieri sono etichettati come persone malvagie, da evitare. In questo un ruolo importante lo giocano gli attacchi terroristici che spingono le persone, e quindi anche i ragazzi delle scuole, ad avere paura di chi professa una religione diversa dalla nostra, o semplicemente ha il colore della pelle un po’ diverso.
L’estraneo è vissuto come un pericolo per il nostro stile di vita: il compito dell’educatore è contrastare il pregiudizio invitando il ragazzo a considerare l’altro come suo prossimo. Per sapere cosa fare per combattere il razzismo basta aprire un libro di storia, e poi uno di geografia, spiegando quali lotte sono state portate avanti in passato da chi subiva una discriminazione per il colore della sua pelle (l’apartheid) e spiegando come nascere in un luogo o in un altro del mondo non comporti differenze se non del tutto esteriori. Siamo tutti membri della razza umana, abitanti di uno stesso pianeta che dobbiamo rispettare, rispettandoci l’un l’altro.
Ecco allora che appare evidente come solo la scuola possa arginare i sempre più frequenti e preoccupanti fenomeni di bullismo, razzismo, discriminazione ed emarginazione che si sperimentano ad ogni livello della società, ed anche tra i ragazzi più giovani. Per questo il Ministero della Pubblica Istruzione italiano ha deciso di varare un Piano nazionale per l’educazione al rispetto, che è stato presentato del Ministro Fedeli presso il Teatro Eliseo a Roma. Il Piano coinvolgerà gli studenti delle suole di ogni ordine e grado, dai bambini più piccoli delle elementari fino ai giovani adolescenti delle superiori.
I contenuti del Piano sono stati esplicati in 10 punti che coprono a 360 gradi le diverse esigenze che la lotta alla discriminazione pone, e si avvarrà di ogni strumento che si ha oggi a disposizione, a partire da quello informatico, con la creazione di un portale web. Nel Piano sono state incluse le Linee guida nazionali per la promozione dell’educazione alla parità tra i sessi e la prevenzione della violenza di genere, che quindi si presenta anche in questo progetto ministeriale come uno dei punti più caldi del momento, da affrontare con particolare energia. Si tratta di un programma ambizioso che non nasconde la sua nobile origine: trae infatti spunto dalla Costituzione stessa e in particolar modo dall’articolo 3 che recita “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
Nell’articolo citato si ricorda inoltre che è compito della Repubblica fare in modo che ogni cittadino possa svilupparsi in modo sereno e coerente con questi principi, ed è quindi l’osservanza ai principi della Costituzione che ha spinto il MIUR ad agire direttamente nella lotta alle discriminazioni. Agli studenti, non a caso, sarà anche distribuita la Costituzione stessa.
Le scuole saranno coinvolte in modo attivo, con uno scambio proficuo di idee e informazioni in un work in progress che non prevede una fine, ma spera di poter protrarre i suoi effetti benefici nel tempo al fine di garantire ai giovani scolari una formazione che sia davvero utile per il loro futuro. Il Piano quindi prende atto del fatto che il mondo sta cambiando, anzi, è già cambiato sotto i nostri occhi senza che la maggior parte di noi abbia davvero avuto il modo di prepararsi in modo adeguato alle nuove e pressanti problematiche che pone la modernità.
La convivenza tra diversi è uno degli effetti più eclatanti della globalizzazione, che credevamo di aver risolto ma che si propone quotidianamente con drammaticità.
La diversità è una ricchezza, non un limite o qualcosa da temere: questo è un concetto semplice nelle parole ma difficile da trasmettere nei fatti, e da sempre è l’esempio il miglior modo per insegnare una verità. Dimostrando concretamente nelle scuole che il diverso, indipendentemente dl fatto che lo sia per ragioni di sesso, orientamento politico, nazionalità o censo, viene incluso e valorizzato e non emarginato o temuto, si potrà formare nei più giovani una coscienza sociale solida e robusta, orientata in modo positivo verso la pacifica convivenza degli opposti.
Questo sforzo richiede l’impegno di tutti, anche dei genitori e delle famiglie che da sempre costituiscono il primo nucleo formativo di un individuo, ma deve essere portato avanti dall’istituzione scolastica che solo rispondendo alle esigenze poste dalla società in cui si inserisce può assolvere appieno al suo ruolo.